di Monia Mangiacapra
29 anni, nata a Roma e laureata in Relazioni Internazionali. Da quando aveva 10 anni frequenta l’ambiente salesiano che l’ha accolta e aiutata nel suo percorso di maturazione. Dal 2020 lavora presso l’Associazione SxS, nell’Ufficio Servizio Civile per i progetti all’estero dove gestisce e accompagna i ragazzi fra i 18 e i 28 anni che decidono di affacciarsi al mondo del servizio per i giovani.
Parlare di sé, del proprio percorso produce sempre un attimo di imbarazzo, ma è comunque stimolante: certamente per sé e forse anche per chi leggerà. Il mio percorso universitario (e poi anche professionale) ha un file rouge che da sempre contraddistingue le mie scelte: la scoperta. Sin dal tempo delle grandi scelte, che per un preadolescente è quella del tipo di scuola dopo la terza media, ricordo di essermi messa lì, come davanti a un bivio: il liceo o la scuola tecnica? E poi, quale liceo e quale tecnico? E poi, cosa farò dopo? l’Università, e quale? Cosa voglio per la me del futuro? Tutte domande (e poi decisioni) che nessuno mi imponeva, non i miei, non la scuola, ma solo io e forse qualche amico interessato per proseguire la scuola insieme. Adesso potrei dire che mi sono attivata per un discernimento “oculato”, una cosa da “adulti”, ma io sono così, voglio sapere quale è la strada per il mio futuro, diciamo scoprirlo e prepararlo. Durante le scuole medie avevo maturato l’interesse per le lingue straniere, per i viaggi, per la “scoperta”. Da qui è nata la scelta di frequentare il Liceo Linguistico e
non uno vicino casa, di facile raggiungimento, ma uno lontano quaranta minuti di tram solo perché avrei potuto studiare 3 lingue straniere (inglese, francese e spagnolo) sin dal primo anno. Inoltre, il liceo era il tipo di scuola che mi avrebbe dato le basi per intraprendere meglio il percorso universitario, anche se allora mi sembrava lontano anni luce. Ad affiancare la mia passione per le lingue, per la scoperta e per l’avventura, c’è sempre stato lo sport e la pallavolo: nella mia infanzia e poi nell’adolescenza la pallavolo è stata un’importante maestra di vita che ha portato con sé l’opportunità di entrare in contatto con il mondo salesiano, dapprima come giocatrice della PGS e poi come animatrice dell’Oratorio. Insomma, attraverso le lingue e lo sport scoprivo nuovi spazi per la mia stessa crescita personale, per socializzare, per aprirmi agli altri. Il percorso scolastico liceale non sempre era rose e fiori; il secondo anno fu critico e pensai addirittura di cambiare scuola perché le lingue sembravano non piacermi più. Ho vissuto un periodo di crisi da cui sono uscita l’anno successivo con un viaggio studio in Inghilterra per darmi la risposta che io potevo farcela e che io volevo studiare quello. Nel 2013 finisco il Liceo Linguistico con grande soddisfazione. Ma gravava sulla testa la domanda:
e ora che faccio? Quale la scelta che mi permetterà di realizzarmi? Devo dire che ho sempre avuto chiaro l’obiettivo finale: essere indipendente con un lavoro che mi soddisfacesse e permettesse di continuare a scoprire il mondo. E così, dopo i 5 anni di liceo, non ci ho pensato due volte ad iscrivermi all’Università, ma quale facoltà? Qui si aprì un altro momento di discernimento, ma prima di crisi: proseguire con le lingue e letterature (che mi piacevano assai) oppure fare “un passo oltre”, e utilizzare le lingue come veicolo di comunicazione e non come fine in sé? Con questa domanda nella testa, andai ai vari “open day” piena di curiosità ma anche di dubbi, e venni colpita dalla facoltà di Scienze Politiche: vidi in questo percorso la possibilità di studiare le dinamiche politiche a livello internazionale, le condizioni geopolitiche e sociali dei vari Stati e usare le lingue come mezzo per veicolare concetti legati alle relazioni internazionali. Mi iscrissi quindi alla facoltà di Scienze Politiche nel percorso di cooperazione internazionale presso l’Università degli Studi La Sapienza di Roma. I corsi proseguivano, gli esami anche, ma io volevo “scoprire” ancora di più, sfruttare appieno ogni opportunità. Così decisi di iscrivermi al bando Erasmus per andare in Spagna e il semestre dopo partì per Valencia. Fu un’esperienza incredibile, di grande crescita ma soprattutto di scoperta di me stessa. Anche qui, non mancò la pallavolo, mia fedele compagna di avventura: riuscì infatti a giocare nella squadra dell’Università di Valencia riuscendo a coronare un piccolo sogno che avevo nel cassetto da piccola: giocare all’estero a pallavolo. Tornai in Italia discutendo nel dicembre 2016 la mia tesi in Sociologia con focus sul Guatemala e sui processi di modernizzazione. Brevi i festeggiamenti, perché subito a gennaio 2017 ho iniziato i primi esami della magistrale. Non contenta, decisi di cambiare Università perché il corso di laurea in Relazioni Internazionali dell’Università Roma Tre era più interessante, e quindi cambiai routine, amici, punti di riferimento. Durante i due anni di studio ho potuto scoprire altri modi di fare e pensare, conoscere nuove persone e intessere relazioni. Era un ambiente esaltante, ricco di stimoli e voglia di fare e migliorarsi sempre: mi sentivo al posto giusto al momento giusto. Ma non era ancora tutto, almeno per quello che mi portavo dentro. Ancora una volta sentivo di dover sfruttare al massimo questo periodo, così partecipai al bando MAECI-CRUI per il tirocinio curricolare, un bando su scala nazionale promosso dal Ministero degli Affari Esteri. Nella mia domanda scelsi come prima meta Madrid, avendo svolto l’Erasmus pochi anni prima in Spagna, e sentivo di poter fare bene; come seconda, espressi la preferenza per il Canada, dovendo obbligatoriamente scegliere anche una meta extra europea. Scelsi Montréal perché era una città bilingue, dove avrei potuto approfondire sia l’inglese che il francese… e conoscere un altro continente! In ogni caso, non ci speravo… E invece mi scelsero proprio per il Canada dandomi solo 24 ore per decidere: ricordo quelle 24 ore come una condanna; ogni minuto che passava, mi convincevo del fatto che forse stavolta avevo esagerato, che era troppo pure per me. I miei genitori erano contrari, avrei dovuto lasciare i miei cari per 4 mesi, trasferirmi dall’altra parte del mondo con una borsa di studio che non mi copriva nemmeno i mezzi di trasporto in Canada. Ma ancora una volta la voglia di migliorarmi, mettermi alla prova, darmi filo da torcere ha avuto la meglio. E mai scelta fu più azzeccata! Sono stati 4 mesi intensi, fatti di duro lavoro, ore piccole, fuso orario e a volte solitudine ma che mi hanno insegnato tanto, tantissimo! Tornata a dicembre 2019 concludo la scrittura della mia tesi magistrale in Diritto comparato; poco dopo avrei dovuto discuterla, ma nel marzo 2020 arriva la pandemia e il lockdown. Un’ulteriore prova della mia resilienza. In quei giorni di grande confusione generale, ho dovuto prendere la decisione se essere una dei pionieri della discussione online, su Teams, Meet, Zoom… oppure aspettare. L’attesa… uno dei miei nemici peggiori assieme all’incertezza. Nel mio cammino di scoperta non volevo scoprire l’attesa, o viverla troppo a lungo. Perdere tempo aspettando chissà che cosa non è mai rientrato nei miei piani, men che meno in quel momento; così pochi giorni dopo l’inizio del lockdown ho discusso la mia tesi con
soddisfazione e il massimo dei voti. Anche ora, tuttavia, i festeggiamenti non erano consentiti: e adesso? Certo, tanto tempo per riflettere ma come se il mondo si era paralizzato? Se tutto il mio percorso, dalle scuole ad oggi, si era incentrato sulla scoperta, sulla relazione con l’altro, sull’avventura, cosa potevo fare adesso? Cos’altro avevo da dare? Nel settembre 2020 mi viene proposto di entrare a far parte del team di Salesiani per il Sociale nell’ufficio del servizio civile, e nello specifico mi sarei dovuta occupare del servizio civile all’estero. Mi illuminai: effettivamente potevo dare tanto, a questo compito, e in cambio ricevere anche tanto. Il carisma salesiano mi aveva accompagnata e cresciuta, ed è parte di chi sono ancora
oggi: le mie esperienze all’estero potevano essere fonte da cui attingere per seguire i ragazzi di servizio civile che mi sarebbero stati affidati, e tutte le mie competenze di relazioni internazionali e le mie tanto amate lingue avrebbero avuto spazio di espressione! E con tutto l’entusiasmo nel cuore intrapresi questa carriera professionale che dura tutt’oggi. Un’esperienza arricchente e che mi mette sempre a dura prova, mi obbliga a confrontarmi coi miei limiti e a fare i conti con le insicurezze. È certamente un percorso da disegnare, i cui contorni e colori possono cambiare in base alla mia crescita, professionale e personale, in base alla fedeltà a quella fiamma che mi porto dentro: la voglia di scoprire, di aprirmi, di mettermi in gioco, di fare il salto. Come ogni lavoro con i giovani, non è facile! Anzi spesso è molto difficile riuscire ad essere all’altezza di ciò che si aspettano da me, ma ci provo e anche gli insuccessi mi fortificano. Ma so che è un percorso che mi regalerà ancora tanto e quindi sono qui per scoprirlo!
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