di Silvia Casson

24 anni. Vive, da prima della nascita, il clima frizzante e le esperienze profonde dell’oratorio
Salesiano di Chioggia. Capo scout e animatrice, si sente a casa con i più piccoli. Studia Filologia e
letteratura italiana all’Università Cà Foscari, insegna nelle scuole del territorio. Le piacciono la
musica, i giri in bicicletta, la santa allegria insieme agli amici, i tramonti in laguna

“E la strada si apre / Passo dopo passo / Ora, su questa strada noi”.
Apro questo mio articolo sulla mia esperienza universitaria con una citazione dei Gen. Penso descriva
piuttosto bene le sue tre tappe. Se penso ad essa, la vedo proprio come una strada. Una strada spesso
in salita, tortuosa, buia, ma che ha saputo anche regalarmi belle discese, bei panorami e belle
soddisfazioni, e soprattutto delle belle, bellissime mete (e bella compagnia).

E la strada si apre

Ho iniziato a frequentare l’università Cà Foscari di Venezia nel 2019. Più di qualcuno mi aveva detto
che quel corso non era per me, che avrei potuto osare con qualcosa di più, ma non mi importava: c’era
un sogno a guidare le mie scelte. Fin da bambina, ho sempre desiderato essere insegnante. Passavo
interi pomeriggi con mia nonna e le mie zie a giocare alla “scuola”. Era un mondo da cui ero
affascinata. Vuoi per il fatto che la mia famiglia vanta una squadra di insegnanti non indifferente,
vuoi perché la scuola mi è sempre piaciuta, ecco confezionato un sogno per una bambina di cinque
anni. Sogno che è sempre rimasto vivido nella mia mente, chiaro, luminoso, non c’erano dubbi. Ecco
che dopo la maturità classica mi iscrivo a lettere: lineare. La mia strada si era aperta.
Al mio fianco avevo dei compagni non indifferenti: qualcuno lo conoscevo grazie al MGS del
Triveneto, con qualcuno ho creato nuovi legami, con altri lo ho rafforzato. Questa nuova avventura
mi sembrava meravigliosa, tutto stava andando per il meglio e non avrei cambiato il mio presente con
nessun altro. Studiare per gli esami, affrontare il viaggio, passare del tempo a chiacchierare mi faceva
vivere l’esperienza con molta serenità e anche i momenti più difficili non sembravano così pesanti.
Ripensando a quel periodo mi accorgo di come la novità non mi abbia spaventata, anzi, mi ha dato
una carica non banale per affrontare le scelte quotidiane che mi si ponevano davanti. Sentivo che
stavo crescendo e che questa crescita poteva portare dei frutti buoni!

Passo dopo passo

È durante il mio primo anno di università che scoppia la pandemia. Il mio entusiasmo non viene
meno, cerco di vivere l’università al meglio, di non perdere quello che avevo costruito nei mesi
precedenti. Passo dopo passo ci siamo re-inventati e i primi mesi sono anche stati piacevoli. Dopo, il
vuoto. Il non poter frequentare le lezioni in presenza, il non vedere i compagni è stato un duro colpo.
È in questo periodo che comincia la mia salita all’università, la mia fatica più grande. Numerosi dubbi
mi tormentavano, mi chiedevo continuamente se fosse quella la scelta giusta, se avevo dato tutto per
scontato e non mi ero mai interrogata sul mio futuro. Mi pesava frequentare i compagni, la pigrizia
stava vincendo, perdevo la voglia di studiare e approfondire le materie che per me erano sempre state
stimolanti. Per fortuna (o meglio, per provvidenza), a causa di un incidente burocratico, ho incontrato
un professore che mi ha aiutata ad uscire da quel momento di sconforto e a riconquistare la fiducia
negli altri (professori e compagni) e in me stessa. Avevo perso anche la fiducia nei docenti, mi sentivo
trattata come un numero, non mi sembrava di avere valore. Ma grazie a quell’incontro il mio punto
di vista è cambiato, ho guardato il mondo universitario con una nuova prospettiva, più adulta. Dopo
aver affrontato questo periodo complicato, mi sentivo cresciuta, più matura. Dietro ai miei momenti
di sconforto, di rabbia si nascondevano delle preziose occasioni che non hanno fatto altro che
confermare la mia motivazione: studio, sono qui, per essere insegnante. Un’esperienza che ha
contribuito a riaccendere la fiamma sono state le supplenze a scuola. Lì mi sono ricordata per chi
stavo studiando e qual era la forza che mi spingeva avanti. Ho ritrovato un equilibrio che prima non
riuscivo a mantenere

Ora, su questa strada noi

Ora sono iscritta al corso magistrale in Filologia e letteratura italiana. Devo ammettere che anche
questo percorso è stato un po’ tortuoso, ma sto già cominciando a vedere la luce in fondo al tunnel.
Sicuramente mi sono trovata ad essere più consapevole, più furba per certi aspetti. Durante questo
anno e mezzo mi sono resa conto che è importante avere un centro forte nella propria vita. Un centro
che non è fatto solo di studio, di risultati che devono corrispondere agli standard, di presenze e di
lavori strabilianti. Il centro che è necessario avere è un centro relazionale, un centro dove il cuore
riposa, dove siamo custoditi come persone, come esseri umani. L’università dovrebbe aiutare a
coltivare la nostra umanità, il nostro interesse e amore per l’Oltre, per quel qualcosa di più che solo
lo studio riesce a darti. Una curiosità che ritroviamo solo leggendo, imparando, relazionandoci con
l’antico, con il sapere astratto. Quel mistero dove io rivedo Dio, artefice e causa di tutto. È lui che
deve abitare il nostro centro affinché possiamo essere uomini e donne libere di pensare, di guardare
più in là. Ora, su questa strada, vado avanti con questa certezza, con un nuovo centro. Solo fidandomi
e guardando avanti riesco a vedere come anche il mio sogno ha preso una forma di dono, una forma
concreta. Un sogno che ha davvero a che fare con la mia vita e che è pronto ad essere speso per gli
altri.
Auguro a tutti voi di sperimentare l’umanità e la straordinaria libertà che solo l’università fatta con il
cuore aperto riesce a darti. E si spalancherà un cielo, un mondo che rinasce.