di Clara Pomoni

“Il bene comune è uno sguardo che abbiamo della nostra società. Uno sguardo dedito al servizio nei confronti del nostro presente. Uno sguardo che non può prescindere dall’ascolto dell’altro.” Così Antonio Decaro, sindaco di Bari e presidente dell’ANCI, ha risposto al nostro invito di incontrarlo per confrontarci sulla ricaduta che la politica europea ha sui nostri territori, a partire dalla sua esperienza. E noi, se siamo qui vuol dire che desideriamo ascoltare, e anche che abbiamo qualcosa da dire. «Oggi guardiamo direttamente alla comunità civile, di cui facciamo parte – ha esordito Lorenzo Zardi, vicepresidente del settore giovani di AC. I giovani chiedono di essere parte della costruzione di un “noi” più grande, come ci invitava a fare papa Francesco». E alle parole del pontefice alle autorità arrivando a Lisbona per la scorsa Gmg si deve anche il titolo scelto per l’incontro nazionale: “Orizzonte comune. Tracciare rotte coraggiose”. Abbiamo voluto mettere al centro la comune appartenenza all’Unione Europea e l’impegno condiviso nel quotidiano dei territori in cui ciascuno abita e opera, con le specificità delle proposte formative e degli ambienti (scuola, università, chiesa e società) in cui si esplica la
nostra missione. In quest’incontro nazionale il cammino condiviso dall’Azione cattolica (con Settore Giovani e Msac) e Fuci “Cantiere di bene comune” ha portato un primo frutto, e sono stati lanciati tantissimi altri semi. «Con la Fuci condividiamo valori e visione del mondo – ha aggiunto Lorenzo– oggi abbiamo anche esigenze comuni alla base di un impegno che la federazione declina in ambito universitario e noi nelle comunità locali. Da qui il nostro dialogo può solo crescere». Mentre per Carmen Di Donato «l’intrecciarsi di vite, esperienze, carismi è una ricchezza per cui la gratitudine abbonda. Il nostro desiderio è proprio di continuare a camminare insieme, capendo passo per passo a cosa siamo chiamati. Anche questo è un modo per inserirci nel percorso sinodale della Chiesa». Un unico corpo, molte membra. Tutti figli, tutti fratelli. L’orizzonte condiviso dell’imparare la sequela, nella particolarità delle strade che accompagnano ciascuno a seconda del
periodo della vita. “Qui si fa l’Europa” è stato il titolo della tavola rotonda sabato mattina, in cui l’eurodeputato Brando Benifei ci ha raccontato l’ingente lavoro delle istituzioni europee per promuovere la libertà dei cittadini dell’UE, mantenendo l’equilibrio tra diritti e protezione, come ad esempio nel caso della regolamentazione della privacy e nell’uso dell’intelligenza artificiale. Michele D’avino (segretario comunale di Follonica) e Federica Celestini Campanari (commissario straordinario AIG), invece, hanno illustrato le possibilità che
l’appartenenze all’UE ci offre rispetto al sostegno allo sviluppo locale (ed esempio, riqualificazione del territorio, valorizzazione di attività culturali, sociali e formative) e alle politiche giovanili, che offrono innumerevoli opportunità di scambio per studio, tirocinio,
servizio civile o altro e in questi anni si è visto come hanno contribuito ad alimentare un comune “sentire europeo”. L’Unione europea forse non avrà ancora le strutture istituzionali per rafforzare la sinergia dal punto di vista politico – in questo periodo vediamo soprattutto
la frammentazione in materia diplomatica e di politica estera – ma è una comunità di cittadini che sono accomunati da molto di più di ciò di cui il più delle volte sono consapevoli.
Nel pomeriggio, rifacendoci ai cinque pilastri di Next Generation Eu, abbiamo lavorato per capire cosa vuol dire e come rendere le nostre comunità più sane, più forti, più egualitarie, più digitali e più verdi, arrivando a prenderci delle sfide concrete in ciascuno di questi
ambiti. È stata preziosa la partecipazione di alcuni amministratori locali, di varie parti d’Italia, che hanno voluto mettersi in dialogo con noi e diminuire così la distanza generazionale che rischia di far polarizzare le visioni, troppo spesso a discapito dei giovani.

Il futuro si costruisce nel presente, e noi non vogliamo stare ad aspettare di crescere per riconoscere quanto è importante esserne parte, né di rischiare di perdere la possibilità di partecipare attivamente alla cosa pubblica per riconoscere quanto sia prezioso poterlo fare. “Siamo connessi, ciascuno di noi può fare la differenza, insieme agli altri: appassioniamoci nelle nostre università e nelle nostre realtà”, è l’invito di Carmen Di Donato. Per noi i luoghi da vivere con l’orizzonte aperto al futuro, in cui tracciare rotte di bene comune, oggi, sono proprio la scuola e l’università. Come ben ha esemplificato Ludovica Mangiapanelli: “i nostri compagni di banco, i professori, i dirigenti scolastici sono i nostri compagni di bene comune”. <<Come studenti, ci siamo resi conto di sognare una scuola inclusiva, ecologica e giusta>> Lorenzo Pellegrino, segretario nazionale del Msac. <<e che questa non si può realizzare se non in dialogo con la società dentro la quale la scuola vive>>. Lo stesso vale per i fucini per quanto riguarda l’Università. Con questo “cantiere” rispondiamo alla necessità che ci consegna la nostra società di guardare i fenomeni nel complesso e non procedere a compartimenti stagni. «Questa iniziativa è anzitutto un’alleanza tra giovani per guardare alle realtà che viviamo, i nostri territori, i nostri studi e lavori come luogo in cui costruire con creatività. Ci ricordiamo di appartenere a una comunità e la comunità è quasi sempre la risposta alle necessità del singolo e della società. Il nostro obiettivo è che i giovani, nel periodo universitario, maturino uno stile di cura e di ricerca come strumento per vivere pienamente la propria
vocazione. Imparare a spendersi, vivere lo studio e la formazione come un servizio per il bene dell’altro», sintetizza Carmen Di Donato.
Nella sovrabbondanza degli spunti ricevuti, nel dinamismo delle attività condivise, nella profondità della preghiera comune e nei numerosissimi nuovi incontri, abbiamo sentito tanti cuori pulsare in sintonia, mani alzate insieme non solo nel ritmo della festa ma anche nella riflessione condivisa. Saremo capaci di realizzare davvero gli impegni che ci siamo presi alla fine di questi tre giorni? Questa è la sfida, trasformare l’evento in quotidiano.