Discorso introduttivo al X Modulo formativo “D(i)ritti alla pace: costruire la pace nelle realtà che abitiamo”

Cari fucini e fucine, benvenuto al X Modulo formativo della Federazione. Con questo evento ha inizio anche il percorso federativo sul tema dell’anno, il rapporto tra pace e giustizia. Il titolo che abbiamo scelto per il percorso annuale e per questo evento D(i)ritti alla pace è un gioco di parole che vuole suggerire due idee: la prima che la pace nasce e si fortifica in tutti i contesti in cui opera anche la giustizia (e viceversa), e la seconda che la pace non è un fatto da dare mai per scontato, un dato acquisito una volta per tutte, ma qualcosa che richiede uno sforzo e una responsabilità condivisa per realizzarlo e costruirlo giorno dopo giorno.

La pace, ci dice la Gaudium et spes, “non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita a opera della giustizia”. La pace, dunque, è opera della giustizia. Ma in che senso? Nel senso che non può esservi vera pace se non è presente un ordine della coesistenza civile, una convivenza tra uomini e donne radicata e fondata sulla giustizia. Laddove viene meno la giustizia, laddove gli uomini non possono tutti godere della possibilità di dare corpo alle proprie aspirazioni, ai propri sogni, alla propria realizzazione umana, laddove dunque non vi è quella solidarietà fraterna che permette di esercitare fino in fondo la nostra libertà, non può realizzarsi pienamente la pace.

Nel corso del tempo il termine pace è stato utilizzato per definire contesti di assenza di aperta conflittualità, di scontri violenti e armanti. È chiaro però che il concetto vero e profondo di pace, la condizione che, in quanto cristiani, siamo chiamati a cercare e a costruire non è certamente una pace esteriore, un’apparenza della pace, ma una pace sostanziale, che nasce nell’interiorità. In maniera provocatoria scriveva il filosofo francese Emmanuel Mounier che “la pace apparente, nel senso negativo della parola, può essere, in certe condizioni, un male spiritualmente equivalente alla guerra”. Queste parole suonano dure, forse inaccettabili nel contesto di crisi geopolitica in cui versa oggi l’Europa. Il punto però fondamentale è che come cristiani, come uomini e donne che nutrono un anelito costante al bene, non possiamo rassegnarci o accontentarci dell’acquietamento, della pace esteriore, della semplice assenza di conflitto. Occorre lavorare per promuovere una piena presenza della pace che ha origine non da una causa o da un contesto esterno, ma dall’ordine interiore dell’uomo, dalla pace dei cuori. Questa condizione di partenza non è una realtà autoreferenziale, una conquista solitaria di cui appagarsi, è piuttosto il presupposto necessario per operare concretamente e dare il proprio contributo alla costruzione del bene comune. Per lavorare, come scrive sempre Mounier, alla costruzione dell’uomo nuovo e di una società nuova.

La pace, così inizia la Pacem in terris, “può venire instaurata e consolidata solo nel rispetto dell’ordine stabilito da Dio”. Quello che però credo sia bello sottolineare è che la pace che siamo chiamati a costruire, che pure deve tendere a rispecchiare questo ordine e che pure trae origine dall’ordine interiore della pace dei cuori, è qualcosa di tutt’altro che statico. Non è, cioè, affatto un bene da conservare e preservare. È una realtà anzi in continua evoluzione, perché in continua evoluzione è il nostro anelito ad una giustizia sempre più perfetta, ad un bene sempre più grande.

La pace non è un traguardo raggiunto una volta per tutte, è un edificio da costruire quotidianamente e senza sosta, è un impegno costante che non può accontentarsi del bene compiuto, ma che è sempre aperto al futuro, al nuovo, al progresso della società. In questo senso la pace non è soltanto la distanza che ci separa dalla ricomposizione dei conflitti, dalla riconciliazione, dalla fine dell’uso della violenza e delle armi. La pace è la distanza che ci separa da una società più giusta, dalla comunione e dallo sviluppo integrale dei popoli, dalla libertà dalla sofferenza, dal male, dalle disuguaglianze.

Il desiderio di pace non risiede dunque nella tranquillità, nella tregua dei sensi, ma esprime anzi sempre una tensione, incarna e dà vita ad un’utopia di bene, ad un sogno inappagato ma possibile. Ed è un desiderio estremamente esigente. Come esigente è l’impegno che per noi ne consegue. La costruzione della pace non è roba da poco, coinvolge il nostro agire, le nostre forze, la nostra volontà in un compito difficile e grande. Ci spinge a lavorare per il bene di tutti, perché non esiste sviluppo integrale della persona che possa prescindere dallo sviluppo solidale dell’umanità; implica la ricerca di mezzi e strumenti concreti di cooperazione e di organizzazione per realizzare una vera comunione tra i popoli; ci spinge a coltivare una cultura dell’incontro e del dialogo anche con chi facciamo fatica a riconoscere come nostro fratello.

Questo compito è per noi cristiani una grande responsabilità, ma è anche un grande dono. Nel nostro quotidiano impegno nel costruire la pace sappiamo infatti che la realtà che ci circonda, che la storia in cui siamo immersi, che le relazioni che costruiamo non sono privi di valore o di senso. Le regole del nostro agire individuale e del nostro agire in relazione solidale con gli altri, scrive Benedetto XVI, sono “iscritte nella nostra coscienza”, perché hanno il proprio fondamento nel progetto sapiente di Dio per l’uomo. Impegnarci a costruire la pace è dunque la risposta più bella e più coerente che possiamo dare al progetto di Dio per la nostra vita. Occorre capire insieme come fare, come farci operatori di pace, nel nostro piccolo, ma anche nel nostro grande, come studenti, come futuri professionisti, come giovani che nell’associazionismo spendono una parte del loro impegno per la società.

Per questo abbiamo scelto di iniziare il percorso annuale riflettendo su come costruire la pace nelle realtà che abitiamo. Non si tratta però di una riflessione ingenua quella che vogliamo provare a fare insieme in questi due giorni.

Abbiamo scelto con il Consiglio centrale di partire dall’esigenza formativa che, come sappiamo, è la cifra distintiva dei nostri percorsi. In particolare, abbiamo pensato di avere come punto di partenza la formazione teologico-biblica sul tema della pace e del suo legame con la giustizia. Per questo, nelle attività di questi giorni, adotteremo un taglio teologico che sarà fondamentale per orientare la riflessione più attuale sul contesto politico che stiamo vivendo.

In particolare, con il laboratorio di venerdì pomeriggio intendiamo partire dalla condivisione della nostra conoscenza del tema e delle nostre riflessioni, per poi approfondire e integrare le nostre conoscenze con la lettura di un testo del magistero, la Pacem in terris. L’enciclica di Giovanni XXIII, pubblicata all’indomani della crisi di Cuba nel 1963 rappresenta un’importante svolta rispetto al precedente insegnamento magisteriale per quanto concerne soprattutto il tema della guerra giusta. L’enciclica sposta la riflessione sulla pace dal piano intellettuale a quello dell’azione pratica, dedicando ampio spazio alla riflessione sul tema dei diritti e dei doveri, della persona umana, della comunità internazionale etc. ragionando così più che sul concetto di pace a livello astratto e teorico, sulle possibilità e sulle strade per una concreta costruzione della pace nel mondo. La lettura di questa enciclica e l’approfondimento del primo laboratorio, auspichiamo, saranno utili per elaborare spunti di riflessione, domande, quesiti aperti con cui animare il dibattito con i relatori che ci accompagneranno il sabato mattina.

Nella giornata del sabato grazie alla relazione di don Leonardo Salutati proveremo ad inquadrare teologicamente il tema della pace, ad approfondire il taglio biblico del tema e ad affrontare alcuni nodi etici che il tema della pace pone alla Chiesa nel suo dialogo con la società e la realtà contemporanea. Con padre Remondini avremo invece modo di calare il tema della costruzione della pace nella realtà concreta e quotidiana della nostra vita, per comprendere le occasioni del nostro impegno e le responsabilità rispetto alle quali non possiamo tirarci indietro.

Concluderemo i lavori con il laboratorio del sabato pomeriggio in cui avremo modo di approfondire testi del magistero più recente e riflettere su come farci concretamente costruttori di pace, non solo come singoli, ma soprattutto come comunità, come realtà associata, come gruppo di ragazzi e ragazze che si impegnano e desiderano impegnarsi attivamente nella società e nei loro ambienti di vita. Per questo laboratorio saremo divisi in quattro ambiti: famiglie e relazioni, educazione e cultura, comunità ecclesiale e realtà socio-politica. Alla fine, riporteremo in plenaria gli spunti emersi dalla condivisione dei gruppi.

In questo contesto storico e geopolitico in cui la costruzione della pace sembra difficile, complessa, in certi momenti quasi impossibile, noi con Fuci abbiamo scelto di trovarci qui per formarci ed educarci alla pace. Desideriamo pertanto fare nostre le parole che Benedetto XVI scrive nel messaggio per la giornata mondiale della pace del 2012, sostenendo la necessità di promuovere una pedagogia della pace: “Essa [la pace] richiede una ricca vita interiore, chiari e validi riferimenti morali, atteggiamenti e stili di vita appropriati. Difatti, le opere di pace concorrono a realizzare il bene comune e creano l’interesse per la pace, educando ad essa. Pensieri, parole e gesti di pace creano una mentalità e una cultura della pace, un’atmosfera di rispetto, di onestà e di cordialità. Bisogna, allora, insegnare agli uomini ad amarsi e a educarsi alla pace, e a vivere con benevolenza, più che con semplice tolleranza.” È un lavoro lento e complesso perché richiede, come scrive Benedetto XVI, “una visione nuova della storia umana”. Ed è una sfida per essere oggi fermento nella nostra società e segno di speranza e del buon cambiamento nel domani che ci aspetta.

A tutti quanti auguriamo un buon Modulo formativo!

Allegra e Tommaso