Studiare per sognare, studiare per servire

Educazione, relazioni intergenerazionali e giustizia educativa

(ART. 34)
“«L’università non esiste per preservarsi come istituzione, ma per rispondere con coraggio alle sfide del presente e del futuro». L’autopreservazione è una tentazione, è un riflesso condizionato della paura, che fa guardare all’esistenza in modo distorto. […] Abbiate perciò il coraggio di sostituire le paure coi sogni. Sostituite le paure coi sogni: non siate amministratori di paure, ma imprenditori di sogni!”

Queste le parole di Papa Francesco agli universitari a Lisbona prima della scorsa GMG, questo è ciò che nelle nostre organizzazioni ci impegniamo a costruire da giovani, con e per i giovani.

Chi investe nell’istruzione? Chi ha il coraggio di investire con lungimiranza nell’istruzione per promuovere lo sviluppo umano e sociale a lungo termine? È particolarmente prezioso essere qui insieme oggi, e sottolineo l’insieme rispetto alle diverse generazioni che rappresentiamo. E siamo qui per parlare di futuro.

“Noi dobbiamo essere, in questa società inquieta e incerta, una forza di speranza e perciò una forza positiva capace di costruire nel presente per l’avvenire”.

Questa frase di Vittorio Bachelet descrive molto bene il lavoro degli intellettuali cattolici che 80 anni fa hanno prodotto il codice di camaldoli, presupposto ideale cruciale per la scrittura della nostra costituzione. E oggi? la commemorazione storica è occasione per sfidarci a guardare ancora più avanti. Cosa stiamo facendo perché tra 75 anni la scuola italiana sia davvero aperta a tutti, “senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali?” Al di là delle differenze che ancora esistono tra i vari istituti, indirizzi e quartieri nella qualità della didattica e nell’offerta formativa, la forbice delle disparità si allarga guardando a ciò che succede fuori dalle mura scolastiche: c’è un grande divario tra le risorse che le famiglie provvedono in termini economici, culturali e affettivi. In un sistema in cui il welfare è ancora assicurato principalmente dalle famiglie, queste diseguaglianze si perpetrano lungo tutto il percorso formativo, generando un’ingiustizia educativa. Due esempi di attività in cui si vede che è l’incontro di queste differenze e la cura personalis, cioè l’attenzione al singolo ragazzo e il suo essere parte attiva, non l’assimilazione o l’uniformità, che genera ricchezza.

Un modo per realizzare la sinergia delle agenzie educative in chiave locale è la Sperimentazione nazionale del metodo innovativo dei Budget Educativi, in cui sono compresi anche i PFP Progetti Formativi Personalizzati con Budget Educativi, progetto di coesione sociale per il contrasto alla dispersione scolastica di cui AC è partner. L’obiettivo è eliminare il confine tra “dentro e fuori” la scuola, sfumando il divario tra scuola, comunità adulta e territorio.

Un altro esempio è l’evento nazionale “Orizzonte comune. Tracciare rotte coraggiose” promosso da Ac e FUCI all’interno di un percorso di collaborazione che continua. Da questa esperienza rilanciamo l’importanza del dialogo tra le giovani generazioni e con gli amministratori locali, a partire dall’ascolto dei problemi concreti delle varie forme di disagio giovanile per trovare soluzioni concrete con l’intraprendenza dei ragazzi; e l’importanza di tenere insieme il focus sui territori e il respiro europeo per dare spazio a una visione comune, costruire processi che favoriscano il cambio di paradigma: l’unità è superiore al conflitto, la fraternità e condivisione sono lo stile per delle relazioni e una società davvero umana.

Quindi, parliamo di diritto a un’istruzione completa, cosciente e critica: che includa le diverse visioni del mondo per diventare consapevoli di avere una prospettiva, da dove viene, e poterla cambiare; che metta in dialogo persone, idee e differenze perché ciascuno sviluppi la capacità di pensiero autonomo, informato.

In particolare, abbiamo bisogno di imparare e insegnare ad amare. Cioè, che nei nostri ambienti educativi la formazione della persona nella sua totalità, comprenda la dimensione emotiva e relazionale, perchè il riconoscere e dare un nome al proprio sentire sono le
condizioni per capire che siamo liberi di agire in direzione coerente o contraria. L’educazione alla sessualità non è una risposta emergenziale, nè l’occasione per promuovere una qualche ideologia: si fonda sulla meravigliosa bellezza della persona umana e della vita, diffonde una conoscenza scientifica in contrasto agli stereotipi, prassi comuni e predominio del web, e porta a delle scelte coerenti con il riconoscimento del pieno rispetto di sè e dell’altro/a. Non è da delegare alla scuola, è trasversale a tutti gli ambienti di vita.

Abbiamo poi bisogno di imparare e di insegnare a scegliere. Questo vuol dire che è imprescindibile che si educhi alla riflessione etica in ogni ordine e grado, con maggiore profondità nelle scuole secondarie di secondo grado e necessariamente nei corsi universitari. Oltre che per le specifiche professionalità, il confronto con le nuove frontiere delle tecnologie digitali ci ha già fatto capire che la capacità di navigare nella sovrabbondanza di informazioni è una competenza cruciale per tutti.

Vuol dire anche educare ad orientarsi nella vita, a maturare non solo in età, in un mondo complesso in cui quell’officina di comunità, che sostiene in primo luogo la crescita e la socializzazione dei ragazzi, continua a giocare un ruolo chiave offrendo un riferimento stabile quando, da giovani, essi si confrontano con l’incertezza e la varietà crescente di una società in cui la transizione alla vita adulta è tutt’altro che immediata e le difficoltà in ambito lavorativo non sono poche anche per chi ha raggiunto alti gradi negli studi.

Non dimentichiamo che ci sono ancora gravi carenze strutturali che impediscono sistematicamente agli universitari di accedere a borse di studio, ad alloggi adeguati, di esercitare il diritto di voto fuorisede ecc., ma questo è sotto gli occhi di tutti.

Ribadiamo la necessità di applicare il diritto allo studio previsto dalla Costituzione, rilanciando anche il ruolo attivo di responsabilità sociale che la comunità universitaria ha per e con la società civile.

Chiunque studia davvero impara che ha la responsabilità, il diritto e il dovere, di cambiare il mondo insieme agli altri. E chi punta a qualcosa di meno non sta cogliendo il dono che gli è dato, l’istruzione che offre di meno, che impedisce di crederlo, sta offendendo la persona dello studente, ogni persona.

Sarebbe uno spreco oltre che un’ingiustizia pensare a una scuola, a un’università impegnate a formare le nuove generazioni solo per perpetuare l’attuale sistema elitario e diseguale del mondo, in cui l’istruzione superiore resta un privilegio. Agli studenti ancor prima che ai docenti, ricordo che chi ha la possibilità di istruirsi e non si sforza di restituire ciò di cui ha beneficiato, non ha capito fino in fondo cosa gli è stato offerto.

Se la conoscenza non viene accolta come responsabilità, diventa sterile. Crediamo e lavoriamo per la costruzione di comunità educanti corresponsabili, per promuovere la condivisione del sapere e il suo essere poi messo a servizio all’insegna del bene comune. Diminuire l’esclusione e l’iniquità vuol dire diminuire la violenza: per la giustizia, come per la pace, l’istruzione di tutti sta davvero alla base. “L’impegno politico non è altro che una dimensione del più generale e essenziale impegno a servizio dell’uomo” (Bachelet). Per questo affermiamo con forza che è necessario essere “competenti per servire”, come dice la proposta formativa delle FUCI. Ribadiamo che avere un’istruzione qualificata e di qualità oltre ad essere un diritto e un dovere, è la condizione imprescindibile per chiunque vuole contribuire attivamente alla costruzione della cosa pubblica, proporzionale e corrispondente alla responsabilità del ruolo che si assume in rappresentanza di tutti, a tutti i livelli, locale e nazionale, associativo e istituzionale.

Clara Pomoni