di Merola Nicolas

Il ponte mediorientale

Papa Francesco avrebbe tanto voluto compiere un viaggio apostolico in Medioriente, andando a visitare Paesi culturalmente variegati e politicamente turbolenti come Turchia e Libano.

A portare a compimento questo progetto ci ha pensato Papa Peone XIV, che ha scelto quei luoghi densi di significato per inaugurare il suo pontificato, giunto al sesto mese.

La prima tappa è stata la Turchia, più precisamente la capitale Ankara, dove Prevost giunge per celebrare i 700 anni dal Concilio di Nicea, il primo concilio Ecumenico della storia. La prima parte del viaggio nel paese che congiunge Oriente ed Occidente è prevalentemente istituzionale. Un faccia a faccia diretto con il Presidente turco Reecep Tayyip Erdogan e la sua delegazione.

A seguito dell’accoglienza ufficiale e della visita al mausoleo dell’importante Ataturk, politico amato dal popolo turco, inizia il vero e proprio colloquio con il Capo di Stato della Turchia. Nucleo centrale del dialogo è stato inevitabilmente rappresentato dall’aumento pericoloso delle tensioni internazionali tra Europa, Asia e America. Papa Leone invita la Turchia a svolgere un ruolo delicato di diplomazia per scongiurare l’aggravarsi dei conflitti in corso. La responsabilità della mediazione, sia per Russia Ucraina che per la Palestina.

Per il Papa la Turchia può e deve essere un elemento di avvicinamento e coesione tra popoli, per una pace stabile e duratura. La sua posizione geografica che la incastona tra Europa e Asia la rende una nazione cruciale. L’invito del pontefice si allarga a tutta la classe politica turca, affermando che essa debba favorire più che mai il dialogo e praticarlo continuamente. Il globo sta attraversando una fase conflittuale, la “terza guerra mondiale a pezzi”. Cedere a questa deriva sarebbe fatale.

Tutte queste energie sono oggi convogliate ad alimentare la guerra e le sue narrazioni, mentre dovrebbero confluire a supporto della famiglia, pace, unita, salute ed educazione.

L’obiettivo di questo viaggio apostolico è quello di costruire ponti, e lo stretto dei Dardanelli si sposa bene con questo concetto. Ponti fra popoli e religioni. Ponti fra anime. A detta di Leone XIV la Santa Sede non si sottrarrà dalla sfida per costruire uno sviluppo integrale cooperando con qualsiasi nazione desideri un mondo migliore. La forza politica della Chiesa non è da sottovalutare, in quanto trae la sua forza da una spiritualità che non ha eguali.

Le moschee regalano un complesso architettonico stupendo, ma il panorama sarebbe ancora migliore se potessero sorgere accanto delle chiese, senza conflitti tra fedeli dei rispettivi credi.

Le parole del Papa sono si riferite direttamente alla Turchia, ma il fardello di essere operatori di pace, pesa su tutti noi e tutti i paesi.

Non è da dimenticare la questione femminile, dato che più volte l’occidente ha condannato la Turchia di aver ridotto alcune libertà a seguito dell’islamizzazione, soprattutto per quanto riguarda la condizione delle donne. Nel panorama internazionale le donne devono avere un ruolo sempre più determinante ed influente, qualsiasi limitazione da loro subita va condannata seduta stante.

Erdogan assicura senza timori che nonostante la maggioranza della popolazione sia musulmana, la tutela delle minoranze sarà sempre garantita. Anche i cristiani sono parte della nazione ed una società per essere viva e civile deve essere anzitutto plurale. Dignità e libertà sono caratteristiche inscindibili per ogni figlio di Dio.

Il cedro ferito

La seconda tappa è il paese dei cedri, il Libano. La nazione vive uno dei momenti più difficili della sua storia recente, ma che nonostante le ferite di guerra mantiene sempre un cuore grande, seppure colmo di cicatrici. L’obiettivo del pontefice è stato quello di entrare delicatamente in una cultura che ha sete di fraternità e di incontro. Il cammino che si prospetta per i libanesi verso il loro futuro pare aspro e difficile, ma ciò non deve scoraggiare.

Una preghiera simbolica è stata svolta nei pressi del porto di Beirut, teatro di un esplosione che ha devastato luoghi e vite. Una preghiera per tutte le vittime, condividendo il dolore delle famiglie colpite.

Non è stato possibile visitare tutte le regioni del Libano, come Tripoli, la Beqa’ ed il sud del paese, che vivono situazioni di alta fragilità ed incertezza, ma non sono mancati messaggi di speranza e pace verso di esse. Non è passata inosservata la frase: “Siate forti come cedri”, gli alberi che sorgono sulle montagne del Libano. Una pianta resiliente e tenace, proprio come il sofferente popolo.

Nessuna lotta armata porterà beneficio alcuno, che cessino le ostilità. E’ questo l’appello che risuonerà per giorni nella mente dei cittadini libanesi, e perché no, anche nella testa di qualche politico guerrafondaio.

In Libano vive la più vasta comunità cristiana di tutto il Medioriente, che si somma ad altre 18 confessioni presenti nel paese. Persino il presidente della Repubblica Joseph Anoun è cristiano, il quale ha personalmente accompagnato Papa Leone XIV per tutto l’itinerario. La visita papale è stata accolta calorosamente anche da molti non cristiani, che nonostante il diverso credo hanno riconosciuto in lui un’autorità spirituale decisiva.

Davanti a 15.000 giovani riuniti il papa ha voluto dare voce ad un messaggio importante: La speranza è dentro ogni giovane, fa parte della sua natura più profonda. Rispetto agli adulti i giovani hanno più tempo per sognare e per fare del bene.

Le armi più efficaci sono quelle “umane”, ossia dialogo, negoziazione e mediazione. Esse contribuiscono a rendere la pace non solo un obiettivo, ma una vera via.

Qualche accenno di delusione non è mancato. Una leggera frustrazione proviene dagli abitanti delle aree meridionali non toccate dalla visita, uomini e donne che stanno pagando caro il prezzo della guerra e che si aspettavano la visita del Pontefice. L’area del sud è quella che soffre maggiormente a causa degli attacchi di Israele, che avvengono quasi giornalmente nonostante il cessate il fuoco, secondo la testimonianza diretta dell’imprenditrice libanese Sahar Shakaroun.

Secondi autorità politiche locali il papa avrebbe desiderato recarsi al sud, ma le condizioni di sicurezza non lo hanno permesso. Senz’altro sarebbe stato un gesto simbolico mostrare vicinanza diretta a tutti coloro che muoiono sotto le bombe quotidianamente e che si sentono marginalizzati dalla comunità internazionale.

Che tutto questo possa essere un nuovo inizio per il Libano ed il Medioriente intero.