di Mons. Domenico Pompili *

Più che un’epoca di intelligenza della fede, la nostra è una cultura “negligente”, e quindi non religiosa. Etimologicamente, infatti, i tre termini si presentano come variazioni su un unico tema (intus-legere, nec-legere, re-legere): dove “legere”, prima ancora che “capire”, significa “accogliere”, “aver cura, “tenere in considerazione” e quindi dare valore.

O meglio, più che non religiosa la nostra è l’epoca delle religioni secolarizzate, dove si presta attenzione solo alla dimensione immanente e materiale, in una cornice individualista. Ecco che quindi la “fede” (che viene da “corda” e quindi “legame”) è vista come un vincolo limitante la libertà umana, intesa a sua volta, riduttivamente, come possibilità (astratta) di fare qualunque cosa. A meno che non si tratti della fede in qualcosa che accresce la potenza umana (come la tecnica) in un quadro di immanenza.

Se vuoi leggere l’intero articolo, abbonati a Ricerca.

* Direttore dell’Ufficio per le Comunicazioni sociali
della Conferenza episcopale italiana