A cura di Stefano Ceccanti 

Nel luglio del 1921 si riunirono a Friburgo vari rappresentanti delle associazioni universitarie cattoliche che diedero vita a un movimento internazionale denominato Pax Romana. In seguito, come si dirà oltre, quando fu creato il ramo ulteriore, quello dei laureati, il nome venne completato in Pax Romana-Miec (sigla francese – Movimento Internazionale degli Universitari Cattolici) o Imcs (sigla inglese- idem). Per l’Italia a nome della Fuci partecipò l’allora presidente Giuseppe Spataro, esponente illustre in seguito del Ppi e della Dc. Tra i partecipanti dei congressi nel primo periodo troviamo anche Piergiorgio Frassati. Il nome latino si riferiva ai circa duecento anni di pace in cui si collocò anche la nascita di Cristo, con un deliberato intento, quindi, di riconciliazione dopo la prima guerra mondiale. Il nucleo originario era di 23 Paesi, quasi tutti europei. La vera internazionalizzazione vi fu a partire dal 1939, quando si svolse il primo Congresso fuori dall’Europa, negli Stati Uniti, nei giorni in cui scoppiava la seconda Guerra Mondiale. In questa fase iniziale i punti di riferimento erano soprattutto due, Giovanni Battista Montini, prima assistente nazionale della Fuci e poi sostituto e pro-segretario in Segreteria di stato vaticana, e Jacques Maritain.
L’impostazione teorica era quella che troviamo nel volumetto montiniano del 1930 “Coscienza Universitaria” nonché in “Cristianesimo e democrazia” di Maritain: potremmo definirlo la ricerca di una risposta ortodossa alla crisi modernista di fine secolo. La Chiesa aveva perso influenza nelle università e nel mondo della cultura; se voleva riacquisirla doveva pensare in termini di rapporto biunivoco, ossia essa aveva certo da dare a questi ambienti, ma aveva anche da ricevere, depurandosi da alcune sovrastrutture storicamente relative. In particolare ciò richiedeva non una demonizzazione ma un attento discernimento dei vari aspetti della modernità, che non era un blocco, e una rilettura positiva della democrazia, cogliendo dietro di essa un’autentica ispirazione evangelica, anche se affermatasi spesso, almeno in Europa, contro la Chiesa. “La verità non è folgorazione d’un lampo; è progressivo, graduale, quasi inavvertito albeggiare di luce” scriveva Montini in “Coscienza universitaria” e per Maritain andava superata “la scissione fra principio democratico e principio cristiano. in Europa, dove gli animi sono divisi tra un cristianesimo irriducibilmente formato nella sua struttura e nella sua dottrina, ma per troppi anni isolato dalla vita del popolo, e l’infedeltà aperta e militante o l’odio per la religione”. Nel periodo di guerra dall’ufficio di New York di Pax Romana, lavorava padre John Courtney Murray, legato a Maritain, Montini e Sturzo, il gesuita che già in quegli anni lavorava sul tema della libertà religiosa, per farla accettare positivamente da parte della Chiesa cattolica, come poi accadde col Concilio Vaticano II.
Nel 1946, come già accennato, si aggiungeva un secondo ramo, quello dei Laureati, secondo lo schema che aveva portato nello stesso tempo Montini a far nascere il Movimento Laureati di Ac (oggi Meic, Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale), con la sigla Pax Romana-Miic (sigla francese- Movimento Internazionale Intellettuali Cattolici) o Icmica (sigla inglese- Movimento Cattolico Internazionale per le questioni Intellettuali e culturali).
Sempre nel 1946, con analoga ispirazione e durante un Congresso di Pax Romana-universitari sorse anche la Jec internazionale (gioventù studentesca cattolica), che coinvolse anche studenti delle scuole secondarie.
Il Concilio Vaticano II fu il coronamento dell’influenza di Pax Romana: venivano da essa la gran parte degli uditori laici (lo spagnolo Joaquin Ruiz-Gimenez, l’esule catalano Roman Sugranyes de Franch, gli italiani Vittorino Veronese, l’australiana Rosemary Goldie e molti teologi protagonisti erano stati assistenti del movimento (Emilio guano) o comunque vicini (Chenu, Congar, il neo-cardinale Journet). Per di più erano stati abituati da decenni ad assemblee internazionali con lavori complessi, utilizzando più lingue. A Maritain venne anche consegnato il messaggio del Concilio agli intellettuali.
Alcuni frutti, sul piano civile, sarebbero stati colti anche più avanti durante la Terza Ondata democratica. Come sottolinea Samuel Huntington per alcuni aspetti il Concilio aveva preso atto di alcune novità già intervenute con l’elezione di Kennedy e i successi dei partiti dc, ossia la possibilità di sintesi tra cattolicesimo e democrazia auspicata da Maritain e Murray, ma per altro verso l’aveva anche promossa negli Stati ancora refrattari. Infatti la Terza Ondata partì da Paesi cattolici, da Portogallo e Spagna, dove troviamo in primo piano esponenti di Pax Romana, ossia Ruiz-Gimenez in Spagna come animatore culturale decisivo, Maria De Lourdes Pintasilgo e poi Antonio Guterres come Presidenti del Consiglio in Portogallo. Appartiene a Pax Romana anche Tadeusz Mazowiecky che qualche mese prima della caduta del Muri di Berlino diventa il primo Presidente del Consiglio non comunista nell’Est Europa.
Dopo il Concilio Vaticano II l’internazionalizzazione di questi movimenti diventa sempre più completa e trova un punto di riferimento culturale soprattutto in Gustavo Gutierrez, assistente del movimento peruviano Unec di Pax Romana-universitari, il quale si propone di partire dall’impostazione maritainiana per superarla nel nuovo contesto storico-sociale. In particolare, come evidenzia in dialogo con Maritain nel suo volume “Teologia della liberazione”, Gutierrez segnala che la questione posta originariamente dal filosofo francese per vivere laicamente l’impegno politico, ossia “come un non cristiano possa far parte di un partito politico d’ispirazione cristiana” vada necessariamente capovolta in società pluraliste ed ampiamente post- cristiane o comunque non a maggioranza cattolica, ossia “le condizioni in cui un cristiano possa partecipare ad un partito politico indifferente, ed anche ostile, ad una visione cristiana”. Più in generale, secondo Gutierrez, il contesto post-conciliare si prestava male a rigide distinzioni di piani quando il pluralismo delle realtà imponeva un metodo induttivo, quello che la Costituzione conciliare “Gaudium et Spes” aveva impostato a partire dal modello della cosiddetta “revisione di vita” sperimentata dai movimenti di ambiente, in particolare dalla Jec e dalla Joc (la gioventù operaia cristiana). Tale metodo era basato su tre verbi, ossia vedere, giudicare e agire, dove il primo si riferiva all’esperienza personale in un ambiente laico, mentre la terna utilizzata dall’azione cattolica parrocchiale, preghiera, azione, sacrificio, partiva dalla preghiera individuale e comunitaria dentro un orizzonte di Chiesa. Acquistano maggiore rilievo anche i richiami a Emmanuel Mounier e al suo richiamo ai filoni personalisti di collocarsi in modo creativo nello spazio politico della “sinistra non comunista” oltre l’orizzonte dei partiti dc.
Questa internazionalizzazione effettiva non è stata esente da problemi, è valsa anche per Pax Romana l’osservazione di Paolo VI nel documento “Octogesima Adveniens” del 1971 sull’estrema difficoltà di fare proposte universalmente valide e, spesso, passare dal vedere e dal giudicare all’agire si rivela molto più difficile del previsto.
Coi pontificati successivi, pur nella loro complessità, il clima cambia e va più nel senso di una ribadita identità che non di una ricerca culturale spregiudicata, che, come tale, non esenta da rischi ed errori ma che alla lunga si rivela più feconda.
Il clima cambia di nuovo e ridiventa decisamente sintonico con l’attuale pontificato, ma questa è una pagina di cronaca, non ancora di storia.