di Padre Michele Pischedda *

La Chiesa negli scorsi anni ha celebrato un sinodo dedicato alla parola di Dio nella vita della Chiesa e dei cristiani. In questo importante momento di vita ecclesiale è stata sviluppata una riflessione molto preziosa, che ha trovato una sua prima sintesi nel Messaggio al popolo di Dio del Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio.
 E’ un testo prezioso, più esortativo che dottrinale, volto a incoraggiare una crescita ancora più decisa del rapporto tra Parola e Comunità ecclesiale, tra la Parola ed i singoli cristiani.
 Il messaggio è suddiviso in quattro parti, ognuna corrispondente ad una «declinazione della Parola di Dio»: la sua voce, ovvero la Rivelazione; il suo volto, ossia Gesù Cristo; la sua Casa, quindi la Chiesa e le sue strade, ovvero la missione.
 Anche da una lettura molto sommaria emerge la centralità che la Parola di Dio ha per la vita di fede del cristiano, chiamato ad essere uditore della Parola.pag_24
Oggi, sempre più si è portati a rilevare che della fede cristiana, anche i giovani universitari conoscono poco più di quelli che sono semplicemente i suoi segni e le sue esecuzioni operative. Quando non c’è contatto con i contenuti della fede, nel corso dello sviluppo cognitivo, quasi immancabilmente, si realizza una crisi nella fede in Dio. Karl Rahner parlava delle persone «rudi» alle quali bisognava far conoscere di nuovo la fede in Cristo. Data questa ignoranza, si capisce anche perché per molti giovani d’oggi la Chiesa è una realtà troppo lontana che non ha più neanche il potere di scuoterli.
È facilmente riconoscibile da tutti la situazione in cui si trova chi vuole trasmettere la fede come questa missione sfidi la sua stessa identità. Come fare per impostare bene la questione? Come reagire alla delusione constatando che ciò che è fonte e centro del nostro esistere riesce a mala pena ad interessare ed entusiasmare gli altri? Come resistere alla tentazione di giocare al ribasso, verso un’animazione generica che riduce le indicazioni di Dio a note a margine?
Come tener viva la domanda su Dio e favorire un contesto per risposte esistenziali? I punti che seguono sono solo stimoli per riflessioni ulteriori. I giovani hanno bisogno di zone di contatto con la fede. Noi sappiamo creare quelle zone se osiamo presentare in modo conveniente ma chiaro la domanda su Dio, prendiamo decisioni conseguenti e ci manteniamo vincolati ad esse. Le zone di contatto mirano ad avere e dare una visione via via più profonda e dinamica della domanda su Dio e farla rientrare nella vita vissuta. Si tratta «soltanto» di raccogliere la nostalgia per Dio e dare un esempio di come riempirla.
Nel Messaggio per la XXI Giornata Mondiale della Gioventù (9 aprile 2006), Benedetto XVI esortava i giovani dicendo: «Amate la parola di Dio e amate la Chiesa, che vi permette di accedere a un tesoro di così alto valore introducendovi ad apprezzarne la ricchezza». Nello stesso Messaggio, il Papa indicava la «Lectio divina» come «una via ben collaudata per approfondire e gustare la parola di Dio».
Chiunque accompagni i giovani universitari sa bene come il loro avvicinamento alla Parola di Dio non sia né facile né scontato. È per questo che occorre tenere presenti alcune difficoltà che essi oggi trovano nell’incontro con la Parola.
Aiutare gli universitari a fare passi più decisi anche attraverso occasioni meglio progettate di attenzione e accoglienza della Parola nella loro vita di fede può apparire una sfida che come FUCI non possiamo tralasciare. Purtroppo questo desiderio contrasta a volte con la realtà pastorale ordinaria, dove è fin troppo facile costatare come i giovani crescano ignorando la Parola, e quindi ignorando Cristo.
Sembra essere sempre più necessario allora «ripartire dalla e con la Parola» perché la conoscenza, l’amore delle Scritture, il dialogo con Dio sia fonte di consolazione che può elevare la vita dei giovani.
La F.U.C.I., come ricordato solennemente nel suo Statuto, si caratterizza per un particolare intento formativo, dedicando un’attenzione particolare ad una intensa vita spirituale che si alimenta nel tempo della preghiera personale e comunitaria, nelle celebrazioni liturgiche, nella partecipazione condivisa all’Eucarestia e nella lettura meditata della Parola di Dio, anche attraverso il metodo monastico della lectio divina. Per questo è importante comprendere cosa si intende con questa espressione. La costituzione del concilio Vaticano Il Dei Verbum al capitolo VI, n. 25 afferma che «È necessario che tutti i chierici principalmente i sacerdoti e quanti, come i diaconi o i catechisti, attendono legittimamente al ministero della Parola, conservino un contatto continuo con le Scritture (in Scripturis haerere)». L’espressione latina in Scripturis haerere, secondo i migliori interpreti del testo conciliare richiama l’idea di «starci dentro, abitare nelle Scritture». Proprio per ottenere tale scopo, si intende riproporre e raccomandare l’assidua lectio sacra, una lettura costante e perseverante della Bibbia. Insieme a questo primo momento viene sollecitato un exquisitum studium, cioè uno studio particolarmente coltivato, penetrante, non lasciato semplicemente al caso o alla prima impressione. La costituzione prosegue poi rivolgendosi a tutti i fedeli: «Parimenti il santo concilio esorta tutti i fedeli ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” con la frequente lettura delle divine Scritture». Anche in questo caso, l’espressione «assidua lectio sacra» viene esplicitata come «frequente lettura delle divine Scritture», ed è raccomandata perché, mediante essa, si possa pervenire ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo». Una terza menzione sembra ravvisarsi nelle parole: «Si accostino volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi». Ma è con una quarta menzione, importantissima, che offre una chiara spiegazione di cosa si intende per lectio divina: «Si ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura dev’essere accompagnata dalla preghiera, affinché possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo; poiché “quando preghiamo, parliamo con Lui; Lui ascoltiamo quando  leggiamo gli oracoli divini”». Mettendo insieme questi richiami, sembra essere possibile giungere ad una descrizione complessiva di ciò che il Vaticano Il intende richiamando una lettura assidua, non occasionale, della Bibbia; un accesso diretto al testo; uno stare dentro la Scrittura; un conversare familiare con le pagine bibliche; un imbeversi dello spirito della Scrittura; il tutto accompagnato dalla preghiera in modo che la lectio si trasformi in un colloquio tra Dio e l’uomo, diventi un ascoltare Dio per rispondergli. Tutte le caratteristiche indicate dalla Dei Verbum mostrano che la Bibbia non è avvicinabile solo attraverso una lettura, ma implica una lectio, una lezione, fatta con familiarità orante, che ci fa entrare nello spirito dei sacri testi e ci permette di entrare in essi come in casa nostra. Questa lezione orante, questa familiarità assidua è necessaria non solo a chiunque svolge un servizio della Parola, ma è raccomandata con forza e insistenza a tutti i fedeli. Ecco il senso di dare la Parola agli Universitari. Le parole della Dei Verbum sono forti. Sembra ancora una volta importante sottolineare che attraverso la lettura orante della Parola di Dio si può essere introdotti a questa dinamica fondamentale che è aprirsi all’incontro con il Signore che ci parla. Lo stile della Fuci tiene conto dell’importanza di sottolineare quegli atteggiamenti contemplativi che sono previ alla lettura del testo sacro: riverenza, ascolto, silenzio, adorazione di fronte al mistero divino. Dalla contemplazione si può sviluppare un progetto fondato sulla Parola quale riferimento primario, promuovendo iniziative concrete capaci di mettere la Parola di Dio, a poco a poco, alla portata di tutti. «Dando la Bibbia a uomini e donne, affermava Giovanni Paolo II scrivendo al presidente della Federazione mondiale cattolica per l’apostolato biblico, voi date Cristo stesso, che riempie coloro che hanno fame e sete della parola di Dio, sazia coloro che hanno fame e sete di libertà, di giustizia… Le mura dell’odio e dell’egoismo, che ancora dividono uomini e donne e li fanno ostili e indifferenti alle necessità dei loro fratelli e sorelle, cadranno come le mura di Gerico, al suono della parola della grazia e della misericordia di Dio». Allargando lo sguardo, il papa aggiungeva: «La Bibbia è anche un tesoro che in larga parte è venerato in comune con il popolo ebraico, a cui la Chiesa è unita da uno speciale vincolo spirituale
 fin dai suoi inizi. E finalmente questo Libro santo, a cui in un certo modo si riferiscono anche i popoli dell’Islam, può ispirare ogni dialogo interreligioso tra popoli che credono in Dio e, in questo modo, contribuisce a creare, attraverso una preghiera universale e accettabile a Dio, la pace dei cuori per tutti».

* Assistente Ecclesiastico Centrale della FUCI