Schermata 2014-10-25 alle 11.30.40È già l’alba del diciannove ottobre: l’aria è frizzante, il cielo terso. Dopo i primi tre intensi giorni di Congresso ad Arezzo eccoci giunti al grande momento: Papa Paolo VI sarà tra poco proclamato Beato. Un’emozione indescrivibile per ciascun fucino, motivo di esultanza per tutta la Chiesa. Un evento che non a caso Francesco aveva deciso di fissare al termine del Sinodo dedicato alla famiglia. Il Beato è stato infatti per tutta la vita uno strenuo difensore di questo nuovo strumento pensato nel Concilio Vaticano per rafforzare il senso di appartenenza ecclesiale e la collegialità episcopale “Cum Petro et sub Petro”.

La sveglia è fissata alle sei e mezza, ma qualche fucino è già in piedi un’ora prima pronto ad accorrere alla solenne celebrazione in onore di questo nostro Padre, Maestro ed Amico. Ci si veste, si riordinano i bagagli, si consuma una veloce colazione, i visi che incontro dimostrano stanchezza, ma insieme una gioia che non può che non venire che dal cuore. Siamo tutti pronti, si parte per San Pietro. Una splendida luna a falce ancora alta nel cielo purpureo dell’aurora sembra sorridere a questo nostro cammino. La F.U.C.I. parteciperà alla S. Messa da un luogo d’eccezione: la cosiddetta “Loggia del Maggiordomo” situata tra la Basilica e il Colonnato berniniano, proprio al di sotto del Palazzo Apostolico. A porta Angelica una gioiosa folla ci attende: gruppi di milanesi, bresciani, romani, gli strilloni che distribuiscono i giornali con le prime pagine e gli inserti dedicati al nuovo Beato. La Federazione inizia presto a sventolare le proprie bandiere in onore di quell’esile Don GB salito al Soglio di Pietro. Alle otto i cancelli si aprono, noi fucini saliamo alla Loggia dal Portone di Bronzo, da cui un tempo accedevano al Vaticano i capi di Stato e di Governo in visita ai pontefici. Da lontano ammiriamo la Scala Regia, magnifica nel suo candore marmoreo, progettata dal Bernini come maestosa scenografia per stupire gli illustri ospiti che giungevano alla Corte Pontificia. A ben vedere sembra quasi stridere con quella sobrietà che proprio il nostro Paolo VI aveva voluto connotasse la Curia Romana, uno stile che Francesco ha fatto proprio e rafforzato. Le guardie svizzere e i gendarmi ci osservano benignamente e ci indicano la strada. Passiamo attraverso il famoso cortile di S. Damaso su cui si affacciano gli uffici della Segreteria di Stato e giungiamo alla Loggia, ci mettiamo a sedere e sfoggiamo le magliette rosse del congresso.

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Il sole è ormai alto nel cielo: vediamo affluire pian piano al sagrato i numerosi prelati ma un grande applauso della folla accoglie il Papa Emerito Benedetto che raggiunge lentamente la sua postazione con il passo e il fare umile che sempre lo ha connotato. A un certo punto, vediamo i nostri presidenti nazionali recarsi in Basilica accompagnati dall’assistente generale; di li a poco incontreranno personalmente il Santo Padre a testimoniargli che la nostra Federazione è presente ed è forte nell’umile servizio alla Chiesa. Dopo la recita del Rosario inizia la processione dei concelebranti, il sole fa sfavillare le centinaia di mitre bianche e dorate dei cardinali e dei vescovi, le sfarzose tiare dei patriarchi orientali. Per ultimo giunge Papa Francesco che indossa la casula e regge il pastorale che furono di Paolo VI. Mi tornano in mente le parole di Sant’Ignazio D’Antiochia: «Roma, la Chiesa che nella carità presiede a tutte le Chiese», frase rispecchiata da questa Piazza e da questo Altare gioiosi. Magnifici i canti eseguiti dall’antico coro della Cappella Pontificia che risuonano scandendo i tempi della liturgia. I due Papi si abbracciano calorosamente, scambiano qualche parola: Benedetto, il “nonno” saggio e prudente che dopo la rinuncia non ha lasciato orfana la Chiesa; Francesco la guida reggendo saldo il timone della barca di Pietro tra i flutti della Storia che cercano di sommergerla.

La Celebrazione inizia. Il Vescovo di Brescia, ordinario diocesano di don G.B., chiede al Papa di iscrivere il nome di Paolo VI nell’Albo dei Beati secondo il diritto della Chiesa; il postulatore della Causa legge la vita del nostro grande assistente nazionale diventato Papa e il suo Successore approva la richiesta: Paolo VI è Beato, uno splendido arazzo che lo ritrae campeggia ora dalla Loggia delle Benedizioni. Il Papa nell’omelia ringrazia il nuovo Beato per la sua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa, in essa risplendeva la grandezza di una vita dedicata «all’impegno sacro, solenne, gravissimo di continuare nel tempo e di dilatare sulla terra la missione di Cristo» (cit. dall’ omelia del Beato per la S. Messa d’incoronazione del 1963), amando la Chiesa e guidandola perché fosse «nello stesso tempo madre amorevole di tutti gli uomini e dispensatrice di salvezza» (cit. dalla Lett. Enc. Ecclesiam Suam). Francesco nell’allocuzione precedente la preghiera dell’Angelus ringrazia le delegazioni e i numerosi pellegrini intervenuti esortandoli a seguire fedelmente gli insegnamenti e gli esempi del nuovo Beato, ricorda che egli è stato strenuo difensore della Missio ad Gentes ( oggi infatti si celebra anche la Giornata Missionaria Mondiale) riconoscendo l’attualità dell’Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, sottolinea la profonda devozione mariana di Paolo VI. Dopo la solenne benedizione apostolica, scendiamo in Piazza dove Francesco ha iniziato un giro in papamobile e passa, salutandoci, vicinissimo.

10393806_923036221094441_9121584216762456909_nGiunge il momento dei saluti, ci rechiamo tutti di fronte alla sede di via della Conciliazione dove facciamo una bella foto di gruppo. Si corre a prendere il treno che parte, si torna alla vita di gruppo per testimoniare, come ci ha esortato Papa Francesco, Cristo e la sua Chiesa nella nostra periferia, l’università, attraverso Studium e Ricerca.

di Gaetano Mercuri
Gruppo di Firenze