Schermata 2014-10-23 alle 11.15.59Sdraiata nel letto di casa tua dopo un’esperienza come quella del congresso straordinario della Fuci in occasione della beatificazione di Papa Paolo VI , così indimenticabile sotto tutti i punti di vista, non puoi far altro che fermarti a pensare. Pensi che spesso quando altri ragazzi universitari ti chiedono “Perché dovrei venire in Fuci?” tu non sai mai veramente cosa rispondere. Spesso non sapendo cosa dire rischi di usare le solite frasi “banali”: perché si cresce culturalmente, perché si trovano nuovi amici, perché è divertente…

Dopo questo congresso straordinario ad Arezzo ripensi a quella domanda intensamente e ne trovi la vera risposta. Diresti a quei ragazzi che essere in Fuci significa svegliarsi alle sei di mattina per seguire cinque ore di lezione in università – perché la FUCI prima di tutto è università – , correre in stazione centrale, passare quattro ore su un Intercity con la convinzione di annoiarsi moltissimo e, invece, non rendersi neanche conto di essere già arrivata. Essere in Fuci significa entrare nel chiostro del seminario di Arezzo con le spalle stanche e pesanti, ma con un sorriso a trentadue denti ed essere accolti da tanti abbracci e sorrisi di amici lontani che finalmente rivedi, conoscere persone che potrebbero anche cambiarti la vita in cinque minuti senza che tu neanche te ne possa accorgere. Significa continuare a camminare su e giù per una città stupenda come Arezzo nonostante il dolore continuo ai polpacci e alle caviglie, portarsi in giro una zaino da 60 litri perché “la valigia sarebbe stata scomoda”. Significa fare un’ora di pullman dopo una giornata stancante per arrivare alla struttura nella quale si sarebbe trascorsa la notte; fare per due sere di fila la doccia all’una con acqua bollente; svegliarsi prestissimo e sentire l’odore delle brioches appena sfornate che preludono a una colazione stupenda mentre all’altoparlante viene fatta risuonare la canzone della pubblicità della Nutella e una suora simpatica annuncia che la colazione è pronta al primo piano. Significa anche ascoltare le parole di alcuni relatori sulla storia e sulla figura di Paolo VI per comprendere il messaggio vero che ha lasciato molti anni fa a tutti i giovani e che è ancora attuale; fare a Camaldoli la miglior veglia di preghiera mai fatta in 20 anni di vita; rivedere Camaldoli, posto a noi fucini molto caro, bere il Laurus perché un bicchierino è d’obbligo ed infine mettersi le mani nei capelli immaginandosi i volti dei propri amici quando il pullman su cui loro viaggiano esattamente di fronte al tuo si blocca per un guasto tecnico a metà strada.

Significa iniziare la giornata ricevendo la notizia che parte della presidenza è bloccata con la macchina per strada e vedere il resto di essa che si impegna per non rallentare i lavori della mattinata; trascorrere tre ore in pullman per arrivare a Roma; fare una veglia alla Sapienza ed essere ripresi anche solo per un istante sul TG1 mentre si legge una preghiera di Paolo VI, dormire quattro ore nel sacco a pelo con la sveglia puntata alle 5.45. Significa anche provare un’emozione indescrivibile per aver partecipato alla Messa di Beatificazione di Paolo VI in San Pietro dalla loggia del maggiordomo; sapere che i tuoi presidenti nazionali sono stati ricevuti dal Papa in persona a cui hanno lasciato una Moleskine con i pensieri dei fucini tra cui anche la tua preghiera con la tua firma ed è come se lì con lui ci fossi stata anche tu. Ed infine dopo una foto che ritrae la Fuci di molte generazioni, salutare tutti gli amici con il dispiacere di non poterli incontrare per mesi ma con la gioia di sapere che quando li rivedrai avranno tutti un sorriso per te! Grazie a tutti i fucini!

di Irene Bonardi
Gruppo di Vigevano