La data del primo numero di «Ricerca» simboleggia un cambio di prospettiva: 25 aprile 1945. Il giornale, ancora incerto sul suo futuro, ma soprattutto su quello del Paese, esce con un nuovo nome, accostando in un primo tempo e sostituendo definitivamente nel ‘46 il settimanale «Azione Fucina».

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Ivo Murgia, per pochi mesi Condirettore e in seguito Presidente Nazionale, fu il promotore del cambiamento della testata. L’intento che si ricava dai documenti consultabili era duplice: da un lato segnare una discontinuità con il periodo precedente e dare alla Federazione un segno di quel cambiamento politico e sociale che da lì a poco portò la Costituzione repubblicana; dall’altro,  e soprattutto, portare la rivista in Università con un nome sciolto dall’identità federativa per renderlo maggiormente fruibile al dialogo con gli studenti. L’intento della Presidenza di allora appare oggi vivificato e reso ancor più attuale: cogliere i mutamenti costanti degli avvenimenti senza rimanerne culturalmente sopraffatti e saper mettere in connessione espressioni diverse del sapere avendo a cuore sempre il dialogo.

Nel primo foglio di «Ricerca» compare un editoriale anonimo dal titolo «Prospettive». In esso si esprime tutta l’incertezza per una condizione politica ed economica complessa; si sente l’eco della drammatica fine di una guerra durissima per il nostro Paese e che anche nella F.U.C.I. lasciò un’indelebile impronta di giovani mai tornati agli studi. Le domande sul futuro erano pressanti, «ma – scrive l’autore – è lecito e doveroso porsi dei quesiti, scrutare il domani. Non è questa una vana curiosità di cose inutili, ma l’inestinguibile desiderio di sapere che cosa sarà del nostro vivere civile, degli aspetti più elementari della nostra vita personale e sociale. È il bisogno di capire, di prevedere, per poter vivere; il bisogno di renderci conto almeno dei problemi per poter contribuire “per quanto sta noi” alla loro soluzione». Dinnanzi al desiderio del capire, traspare la consapevolezza del momento di forte crisi che non si tramuta mai in scoraggiamento: «Ma sarà superata (ndr. la crisi). La natura ha ancora in sé delle forze vitali per riassestarsi, per risanarsi». Qui corre forte il parallelismo con l’oggi, con la crisi che per molti aspetti rimane inedita nelle cause e nelle sue soluzioni. La crisi politica che sta mettendo in forte discussione tutto il sistema istituzionale pensato proprio negli anni ’40 e proprio da chi in queste colonne ci ha preceduto. La crisi economica prodotta da speculazioni finanziarie prive di ogni regolazione e completamente autonome dall’economia reale. La crisi nelle diseguaglianze sociali che porta sempre più persone alle soglie di una povertà sconosciuta e taciuta. La crisi ecologica che incessantemente esaspera le differenze regionali e il rapporto personale con il creato. Eppure, ieri come oggi, vorremmo con questa rivista porci gli interrogativi che non rimangono vezzo intellettuale, ma «bisogno di capire, di prevedere, per poter vivere»; vorremmo guardare alle prospettive che si aprono fiduciosi in quella natura umana in grado di rigenerarsi in ogni piega della storia.

Eccoci allora qui a tentare di mettere a frutto l’esperienza di allora e le sfide di oggi; cercare di trovare la quadra di quelle domande prospettiche che già interrogavano l’Università e il suo ruolo nella società. Lo facciamo entrando a passi spediti e accorti nel terreno comunicativo più ampio che sia mai stato calpestato, la rete. E’ proprio qui infatti che le due aspirazioni che il nome del nostro bimestrale racchiude si possono ora svelare: guardare con serietà al tempo odierno, cercando di aprire nuove prospettive per il futuro; lanciare un messaggio di stile che sappia rendere ragione e spazio a un dibattito tra tutti gli uomini. Vogliamo cominciare questo sito come un “laboratorio” – volendo così richiamare l’intitolazione della nostra principale rubrica – perché, se c’è una cosa che la F.U.C.I. nella sua storia non hai mai mancato di fare è di mettersi a lavorare per cercare vie nuove, modalità diverse dentro e fuori di sé per esprimersi. Qui le “prospettive” di allora prendono diversa forma e si rinnovano per guardare lontano.

A.M.